Iperproduttività & ozio, due facce della stessa medaglia

Orientati di Marco Lombardi

Divisi tra necessità e bisogni

"Quando non si sa per cosa si vive, si vive così come capita, alla giornata; ti rallegri che è passata un'altra giornata, che è venuta la notte e nel sonno affoghi la stupida domanda perché hai vissuto questo giorno e perché vivrai domani."

Continuamente divisi, da una parte la necessità di dare un senso alle nostre giornate, impegnarle e riempirle per sentirci efficienti e utili; dall'altra parte, in mezzo a quel pienone, tra lavoro e faccende da sbrigare, sentiamo il bisogno di oziare, di fermarci e dedicarci del tempo solo a noi stessi.

Insomma una costante ambivalenza che ci allontana da un possibile equilibrio, una possibile condizione di benessere, senza rinuncia.

Da quale parte pende la bilancia, oggi?

Questa società è al momento caratterizzata da un'esigenza sempre più crescente di produrre di più e più velocemente. Le radici di questa produzione eccessiva e sproporzionata, vede le sue radici in diversi aspetti come la globalizzazione, nella sempre più aggressiva competitività economica e nell'innovazione tecnologica. Questi aspetti hanno in comune dei punti, tra cui il "consumo senza ragione" e l'incoscienza generale, che dilaga come una vera e propria infezione, coinvolgendo qualsiasi settore, ambito lavorativo e sociale.

Per quanto riguarda il "consumo senza ragione", ha origine nello squarcio emotivo profondo che caratterizza proprio i nostri tempi; abbiamo sostituito i valori, gli affetti e il nostro tempo, con i beni materiali. Ci riconosciamo solo attraverso quello che abbiamo e tanto più possediamo, tanto più crediamo di star bene. Questo processo, in atto da oltre un secolo, si è fatto sempre più complesso e impattante, accelerato dal rapido progresso tecnologico. Tutto questo porta a una ormai incoscienza generale, a un "vivere" senza una reale direzione, ma guidati da questo ciclo continuo che si autoalimenta. Quali sono gli effetti di questa relazione tra produzione ed eccessivo consumo?

  • Stress e Bornout

L'ossessione per la produttività porta a carichi di lavoro eccessivi, ritmi frenetici e difficoltà a staccare. Ne consegue un crescente aumento dei disturbi psico-emotivi legati alla condizione di bornout, come ad esempio ansia, depressione. Nel primo trimestre del 2023 sono aumentate del 17,9% le denunce di malattie professionali legati a disturbi psichici e comportamentali. Le persone che manifestano un disagio rispetto al fronte lavorativo, nel 2024 sono aumentate del 109,7% (dati raccolti da una piattaforma che opera nell'ambito della sanità mentale in Italia). Addirittura di questa percentuale, il 28,3% dichiara di avere delle difficoltà specifiche sul fronte lavorativo, mentre il 57,3% manifesta una sofferenza legata all'ambito lavorativo. Altri dati indicano come una persona su due lotta in silenzio contro i problemi che genera questa eccessiva attività lavorativa e circa il 70% è alle prese con stress e bornout.

  • Problemi di salute

L'iperprotettività è associata a una lunga serie di problematiche, come ad esempio disturbi del sonno, scompensi e problemi cardiovascolari, disturbi alimentari e un forte indebolimento del sistema immunitario. In Italia meno del 5% dorme 7-8 ore in maniera soddisfacente, mentre il 45% dorme in maniera meno serena con una media di ore di sonno che non supera le 5-6 ore. Lavorare più di 55 ore alla settimana aumenta il rischio di cardiopatia ischemica e ictus rispetto a chi lavora con l’orario settimanale standard di 35-40 ore. È questa la conclusione a cui è giunto uno studio realizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Si stima che nel 2016 l’eccesso di ore di lavoro, uguale o superiore a 55 ore a settimana, abbia provocato 745mila decessi per cardiopatia ischemica e ictus, con un incremento del 29% rispetto al 2000.

  • Isolamento sociale (video dedicato in qui sotto)

Viene da sé che passando molto tempo a lavoro, impiegando la maggior parte delle energie, non giova alla vita personale e alle relazioni interpersonali. Relazioni che hanno la tendenza a diventare sempre più superficiali, aumentando così quel senso di solitudine, che dilaga oggi.

"E’ il tema del nostro tempo. Una solitudine paradossale, però, perché attanaglia cuore e mente dentro la folla dei social, nella felicità illusoria di Tik Tok, di Instagram, nell’afasia di WhatsApp". Con un aumento del 30% di studenti che rivelano di sentirsi “tristissimi o senza speranza", la solitudine si diffonde a macchia d'olio tra i più giovani, una fascia protetta dicono alcuni, mentre io direi più una fascia da proteggere ed educare. Mancano "basi" che supportano i ragazzi delle nuove generazioni, che sfruttano l'attrattivo potere tecnologico, per sopperire le mancanze che si sono rafforzate a partire dalle precedenti generazioni. Ma non sono solo i più giovani a soffrire di questo isolamento sociale, nel nostro Paese il 55% delle persone si dichiarano a volte o spesso sole. Non è un problema solo di anziani soli come si è soliti pensare. Il 68% delle persone tra i 18 e i 64 anni (popolazione attiva) si sente a volte sola e il 32% soffre di solitudine (1 su 3).

  • Esaurimento delle risorse naturali:

La produzione massiccia consuma risorse non rinnovabili a un ritmo insostenibile. Questo consumo dovuto a questi ritmi non sostenibili, hanno come conseguenza un forte inquinamento, che danneggia gli ecosistemi naturali e quindi l'ambiente e la salute umana. Il 1° agosto 2024 segna l’OverShotDay della Terra, il giorno in cui l’umanità avrà ufficialmente consumato tutte le risorse naturali che il nostro pianeta può rigenerare in un anno. Questo evento, monitorato e calcolato annualmente dal Global Footprint Network, mette in luce l’insostenibilità dei modelli di consumo e produzione dell’umanità. Di fatto l’umanità utilizza le risorse naturali a un ritmo 1,7 volte superiore rispetto alla capacità di rigenerazione della Terra. Questo sovra sfruttamento ha conseguenze negative evidenti, come la deforestazione, l’erosione del suolo, la perdita di biodiversità e l’aumento dei gas serra nell’atmosfera. Questi fattori contribuiscono ai cambiamenti climatici che, a loro volta, provocano eventi meteorologici estremi, riduzione della produzione agricola e stress sulle risorse idriche.

  • Disuguaglianze sociali:

L'iperproduttività accentua le disuguaglianze economiche, concentrando la ricchezza in mano di "pochi". La Caritas, nel 2023, ha pubblicato il rapporto annuale dal titolo “Tutto da perdere” che ha evidenziato come in Italia il numero di poveri assoluti abbia raggiunto i 5,6 milioni vale a dire il 9,7% della popolazione totale. Infatti, uno dei problemi maggiori è sicuramente l’assenza di lavoro o quel poco che c’è, è precario e sottopagato e questo non fa che aumentare queste disuguaglianze. Più del 20% del mercato del lavoro è debole.

La ricchezza è nelle mani dello 0,1% dei cittadini ed è di 3 volte superiore a quella della metà più povera della popolazione italiana. Quando si parla di ricchezza si intende ciò di cui una persona dispone sia a livello finanziario che non. Anche secondo l'Oxfam, l’Italia è il paese della disuguaglianza e, in particolare, l’1% più ricco della popolazione deteneva, stando ai dati del 2022, una ricchezza “84 volte superiore a quella del 20% più povero della popolazione”. Quindi sì, abbiamo un grave problema che ormai ha irrimediabilmente danneggiato le basi della società portando ad un vero sfaldamento del tessuto sociale, acuendo le disuguaglianze tra Nord e Sud, tra chi ha troppo e chi ha nulla. I dati negativi rilevati invece dall’OCSE collocano l’Italia ai primi posti in termini di disuguaglianza tra redditi e in Europa le disuguaglianze economiche non sono in calo. In UE l’1% più ricco detiene l’11,4% del reddito nazionale.

  • Aumento dei disturbi mentali (a livello mondiale):

L'organizzazione mondiale della sanità, segnala un aumento significativo dei disturbi di ansia  e depressione correlati allo stress lavorativo e dagli alti ritmi che derivano da esso. La stessa OMS (organizzazione mondiale della sanità) stima che, del 60% della popolazione impegnata al lavoro, il 15% di essa soffre di disturbi mentali, legati proprio all'ambiente e alle condizioni lavorative. L'impronta che presenta il mondo del lavoro, richiede una maggior consapevolezza e impegno, per creare condizioni favorevoli alla sanità psico-emotiva dell'ambiente e dello stesso personale di lavoro.


Insomma, sembra abbastanza chiaro dove penda la bilancia, e si può affermare che questa modalità dell'iperproduttività la quale abbiamo fatto nostra, non stia dando i frutti che speravamo che ci desse. Doveva essere l'evoluzione, il risparmio di tempo ed energie, addirittura una miglioria che avrebbe coinvolto ogni sfera della nostra esistenza e invece si sta rivelando una completa disfatta. Ad oggi il paradosso dell'iperproduttività è "lavorare per dimostrare di aver lavorato", perché senza lavoro ci sentiamo spesso o in altri casi, inutili. Il nostro metro di misura è questo ormai, più lavori e più "ti sbatti", meglio sei visto. Anche nelle nostre conversazioni, dopo il canonico "come stai", arriva in supporto il "come va il lavoro", in quanto strettamente connesso al come può stare una persona.

Non siamo solo dipendenti di aziende o datori di lavoro, ma lo siamo del lavoro stesso.

Un rimedio, alla portata di tutti





L'ozio può avere diverse interpretazioni, in base al contesto sociale e al punto di vista, esso può assumere significati diversi.  Rispetto a quello che è il modello sociale attuale ad esempio, possiamo sicuramente dire che oziare, è quasi sempre mal visto. Non è difficile intuire il perché, visto che di fatto tutta la nostra attuale cultura si basa sulla super produzione e sulla velocità. Conseguenza? Non c'è mai tempo per oziare.

Ma cerchiamo di capire meglio cosa vuol dire "oziare", capendo di più su questa parola attraverso le sue origini.

Partiamo innanzitutto dalla definizione di ozio: Può essere definito come una condizione di inattività, in cui una persona non si dedica a lavori o attività considerate utili e produttive. E chi definisce l'utilità o la produttività delle cose? Tralasciando questo quesito, possiamo quindi sintetizzare la precedente definizione come una completa assenza di impegni o attività legate a essi. Potremmo dire che si può parlare di vero ozio, quando c'è una completa assenza di attività, un tempo libero dedicato al "riposo attivo" e pieno. Quando si parla di riposo attivo, ci si riferisce a quel tipo di riposo che riduce al minimo un pò tutte le attività quotidiane, fatta eccezione per i bisogni principali (mangiare, bere ecc.). In altri casi, l'ozio potrebbe essere associato alla pigrizia. La pigrizia però deriva da una incapacità profonda di agire, rispetto a quelle che possono essere le difficoltà che derivano da scelte quotidiane. Quindi in questo caso, l'ozio che deriva dalla pigrizia, è poco sano e non funzionale e spesso diventa un vizio, una abitudine che ci danneggia. Ma non siamo qui per parlare di questo.

Nell'antichità invece, soprattutto nella cultura Greca, esso assumeva il significato di quiete e contemplazione.  A quel tempo, la parola greca scholè indicava un momento dal valore profondamente positivo, cruciale per la crescita intellettuale e spirituale dell'individuo. L'ozio, in quell'epoca, era un momento dedicato alla cura di aspetti fondamentali della cultura, come la frequentazione teatrale, l'interesse per la politica e la pratica sportiva. Queste attività arricchivano profondamente l'esperienza individuale, a livello sia intellettuale che spirituale.

Più avanti, ai tempi dell'antica Roma invece, Seneca nel suo dialogo "De otio", rimanda ad una esistenza appartata dalle influenze esterne, lontana dalla corruzione dei costumi contemporanei. Anche lo stesso Cicerone ne coglie degli aspetti simili, invitando ad accogliere e raccogliere i frutti che, giorno dopo giorno, può dare un tempo "libero".

Ritornando all'antica Grecia, l'ozio non veniva visto dunque, come  un tempo fine a se stesso, ma veniva dedicato ad attività che accrescevano l'intelletto e lo spirito umano. Ma la partecipazione alle attività politiche e culturali era "cosa esclusiva", riservata ad una cerchia ristretta, un privilegio dell'élite. Infatti la classe operaia, non aveva accesso a questo tipo di pratica nel tempo libero. Non vi ricorda nulla? Non è così anche oggi?

Ritornando all'ozio, permetteva di formare il cittadino  in quanto attivo nella vita politica, consentendo lo sviluppo dell'individuo e gettando le basi della propria cultura.

Questo salto nel passato, ci permette di capire ancora meglio, quanto sia importante "oziare", ritagliandosi momenti per sé e per attività che accrescono il proprio spirito e consapevolezze, che operano a favore della crescita personale, garantendo un benessere che non è solo fisico, ma anche psico-emotivo.

Dacci un taglio, ogni tanto!



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