Incertezze. L'illusione della certezza

Orientati di Marco Lombardi

Una ricerca continua

Una ricerca continua della sicurezza. Come in un labirinto, tentiamo di definire strade che, alla fine, si rivelano impossibili da definire, data l'unica certezza: l'incertezza. Vivevamo in un mondo dove credevamo di poterci affidare alle istituzioni: la politica, la religione, l'istruzione, il denaro, la legge, il lavoro, lo stato e le organizzazioni, pensando che fossero sicure e certe. Ma guardiamo il panorama oggi: crisi energetica, crisi immobiliare, crisi finanziaria, emergenza sanitaria globale, decadenza e inefficacia degli organi politici e statali, crisi religiose, guerre e crisi culturale e sociale.

Insomma, nessuna certezza, eppure continuiamo a inseguire illusioni, miraggi di qualcosa che non è mai stato sicuro come credevamo.

Un innata propensione

L'incertezza è una condizione di "non conoscenza" per definizione. È sostanzialmente qualcosa che non solo non conosciamo, ma che non possiamo in alcun modo prevedere. È un'assenza di certezze e per l'appunto, si manifesta nel fatto che non abbiamo nulla di sicuro, nulla che possiamo definire in qualche modo. Solitamente assume un'accezione negativa, se guardiamo ad esempio alla nostra cultura. Ma è davvero così? E se l'incertezza fosse una certezza? E se il mistero fosse uno dei lati belli della vita, che non abbiamo compreso fino in fondo?

Ma prima è importante comprendere che non tutti gli aspetti dipendono direttamente da noi.

Si fa riferimento alla psiche umana e al desiderio di certezza, caratteristiche tipiche dell'uomo. Sono elementi tipici della specie umana, in quanto affondano le loro radici nella biologia stessa. Ad esempio, la ricerca continua di certezze (l'evitamento delle incertezze) è un aspetto rassicurante e quindi fondamentale per il nostro benessere emotivo e psicologico. Questo è dato dal fatto che la prevedibilità delle cose ci permette di avere un senso di stabilità, riducendo l'ansia che deriva proprio dalla paura di ciò che non conosciamo. Ed è proprio l'ansia uno degli aspetti neurobiologici di base. Di fatto, il senso d'incertezza attiva determinati circuiti neurali che coinvolgono strutture come l'amigdala, responsabile della gestione delle emozioni e dei comportamenti legati alla paura. Il senso di certezza e di sicurezza, invece, attiva neurotrasmettitori come la dopamina. Abbiamo ampiamente trattato della dopamina nell'articolo https://www.orientatibenessereesalute.com/blissing-point-food-il-gusto-della-dipendenza, dove quest'ultima è associata al sistema di ricompensa. Quindi, cerchiamo continuamente sicurezze perché questo ci dà un senso di soddisfazione e appagamento.

Questo meccanismo è legato anche al cosiddetto "senso di agency", ovvero il senso di controllo. È un modo per aumentare quel senso di gratificazione che viene indotto dal rilascio di dopamina. Per tale ragione, è chiaro l'evitamento delle incertezze, in quanto fa scomparire completamente il senso di controllo.

A rafforzare questa illusione ci sono anche bias cognitivi e una biologica avversione alla perdita. Il bias di conferma, ad esempio, consiste nella tendenza a ripetere le stesse azioni e dinamiche sulla base di considerazioni passate. Quindi, se in passato abbiamo agito in un certo modo ottenendo buoni risultati, continueremo a ripetere le stesse azioni per "riconfermare il successo". In questo modo si escludono tutte le possibili azioni incerte, in quanto considerate fallimentari.

Per quanto riguarda invece la nostra naturale avversione alla perdita, essa deriva da una specifica modalità di elaborazione e di calcolo del nostro cervello. Evitare le perdite diventa più importante dell'ottimizzazione dei guadagni. In poche parole, abbiamo una sorta di attaccamento verso cose, persone o situazioni per evitare di perderle, tralasciando l'opportunità di poter migliorare od ottimizzare. Quindi si rimane ancorati alle certezze presenti, evitando ancora una volta le incertezze.

In sintesi, tendiamo a ripetere lo schema, il "pattern". Infatti, la ricerca del pattern deriva dal fatto che il nostro cervello è strutturato in questo modo. È una tendenza fondamentale per l'apprendimento e per la sopravvivenza, ma può essere dannosa in altri casi. Si tratta di "apofenia", ovvero la tendenza a voler proiettare conferme in situazioni dove in realtà non ci sono. Quindi, proiettare schemi laddove non esistono diventa controproducente e disfunzionale.

Anche le narrazioni e le ideologie che riguardano l'incertezza hanno un'origine biologica. Ma che cosa vuol dire tutto questo?

Significa che la società e le culture sviluppano narrazioni e ideologie basate su sistemi di credenze, in modo tale che ci sia un quadro di riferimento da seguire. In poche parole, non è altro che un "grande schema sociale" che dovrebbe servire a ridurre le incertezze esistenziali. Una maschera che occulta la verità?

La coesione e il gruppo sono importanti dal punto di vista evolutivo. Le narrazioni e le ideologie rafforzano la comunità, instaurando un legame sociale comune. Quindi, "pensare allo stesso modo" è una specie di convenzione sociale che ha radici proprio nell'evoluzione umana. Di conseguenza, le fonti di sicurezze sociali servono a creare un senso di unità, spingendo ad assecondare quel tipo di idea o narrazione.

Come già anticipato, grazie al sistema di ricompensa attivato dalla dopamina, le credenze comuni attivano questo stesso meccanismo, promuovendo così una gratificazione. In poche parole, se tutti stanno investendo nella finanza come unico futuro economico possibile, allora anche io, facendolo, mi sentirò appagato, sicuro e giustificato.

Questo è legato anche al Sense Making, termine inglese che indica la forte tendenza del nostro cervello a creare significati e coerenze. Di fatto, le ideologie, così come la narrativa, ci permettono di dare un senso e un significato a tutto ciò che è incerto. Non solo: questo avvalora ancor di più quanto affrontato in precedenza. Se tutti investono nella finanza secondo un'idea considerata giusta, ciò rende coerente la decisione di fare investimenti in quella direzione.

In sintesi, il nostro bisogno di conferme e sicurezze è profondamente legato alla nostra biologia, o meglio, al nostro "modo di essere". Siamo stati plasmati dall'evoluzione e dagli adattamenti affinché ricercassimo sicurezze che garantissero la continuità della specie. Quindi, nel tempo, abbiamo sviluppato meccanismi psicologici e adattamenti emotivi che ci hanno permesso di creare idee e narrative tali da farci sentire al sicuro. Illusioni che tutt'oggi inseguiamo, dalle quali facciamo fatica a distaccarci per abbracciare una modalità più costruttiva ed ecologica (in linea con i nostri valori).

L'unica verità

Quali sono gli aspetti che fino a qualche tempo fa ci rendevano sicuri e protetti? Idee come la famiglia, la casa, il lavoro, l'economia, la politica, le istituzioni, le grandi compagnie, i grandi marchi, le banche, gli investimenti finanziari sicuri, lo stato. Non solo: anche altri elementi facevano parte di questa sfera, basta pensare al cibo e alla sua abbondanza, all'acqua, alle risorse energetiche, alla stabilità climatica, alle stagioni e così via. Progresso, ma soprattutto futuro.

Vivevamo in un mondo dove tutto era assicurato e certo. Soprattutto vivevamo in un mondo dove si poteva scorgere il futuro. Mentre ora? Cosa è cambiato?



Ci sono ancora certezze valide e vere?

Un disincanto, un grande rammarico, il crollo completo delle certezze

Ci affacciamo alla finestra ed eccoci catapultati nei vicini anni '90, immersi in un mondo dove in lontananza si potevano scorgere sogni e realizzazione. In poche parole, futuro. Eravamo ancora avvolti in quella bolla, creduta realtà, ma che altro non era se non una solida illusione, destinata a sgretolarsi ai piedi di sognatori che ignoravano la vera realtà.


Il Muro di Berlino echeggiava come un inno a una nuova era di democrazia, uguaglianza, parità di diritti e benessere capitalistico. Proprio il capitalismo cavalcava l'onda del progresso tecnologico, che prometteva di migliorare la vita di ognuno di noi, di portare non solo innovazione, ma un benessere mai visto prima. Le innovazioni erano tante, così come le propagande al loro seguito che, come serpenti a sonagli, incantavano ancora una volta i sognatori. Un'epoca in cui parole come "sicurezza", "stabilità" e "garanzie" avevano un peso specifico: erano i fondamenti di ogni tipo di istituzione. Insomma, erano sulla bocca di tutti, e tutti promettevano fedeltà a questi principi saldi. Principi solidi, solidi più che mai, tant'è che quella solidità ben presto si è trasformata in rigidità, che poi è diventata inamovibilità. Questa sicurezza era diventata un oggetto inamovibile di fronte a un vento del cambiamento inarrestabile, che oggi conosciamo sotto forma di crisi. Una crisi generale di un sistema che è andato completamente in crash, proprio a causa dell'incapacità di accettare il cambiamento, fonte inesauribile di incertezze.


Dall'ideologia del posto fisso all'economia della performance effimera

Trent'anni fa, il posto fisso non era solo una posizione professionale, ma un'identità sociale ben definita. Di fatto, questo non dava solo vantaggi intrinseci, legati alla stabilità economica del lavoro, ma anche estrinseci, in quanto permetteva di programmare a lungo termine, di investire capitali in case, nella costruzione di una famiglia e in altri progetti esterni al lavoro stesso. Un percorso di carriera lento e solitamente prevedibile, scandito dagli scatti di anzianità, che donava una certa stabilità, in quanto i margini di precarietà erano bassi. Le grandi aziende o le multinazionali promettevano garanzie e sicurezze, sulla base della loro produzione, forte e convincente.

Oggi la situazione è stata completamente ribaltata. La verità è uscita a galla, anche se gli antichi sognatori narrano ancora di un mondo che non esiste più. La precarietà è endemica ed è ormai parte del tessuto sociale. L'imprevedibilità lavorativa e la poca credibilità delle nuove aziende, che sono alla mercé di ingranaggi anch'essi instabili (energia, risorse, politica, guerre, dazi, finanza e così via), sono accettate come certezze. Contratti a termine, collaborazioni occasionali, partite IVA "forzate", gig economy (lavoro su piattaforma) sono la norma per intere generazioni che, costrette da una parte e succubi dall'altra, accettano incondizionatamente la situazione. La figura dello stagista e del praticante sottopagato o non pagato viene vista come via di redenzione a peccati inesistenti, o come i sognatori la chiamano ancora "gavetta". Una sorta di sottomissione forzata per ottenere qualcosa che spetta di diritto a tutti: la libertà di poter lavorare e guadagnarsi da vivere. Il mercato è flessibile, quasi informe, e richiede abilità straordinarie, come upskilling e reskilling. Ogni tipo di crisi minaccia la stabilità, così come le nuove automazioni, inclusa l'IA. I contratti sono deboli e le sicurezze si sono trasformate in incertezze, che alimentano l'ansia per un futuro non chiaro.


Istituzioni e politica. Dalla presunta affidabilità allo smascheramento, fino a noi venduti come schiavi

Nonostante qualche magagna qua e là, come ad esempio Tangentopoli (che fu rivisitata come condizione necessaria per un ritorno alla normalità e all'equilibrio), la politica ha sempre rappresentato un baluardo di sicurezza e affidabilità. Partiti storici come DC, PCI/PDS, PSI ecc. rappresentavano blocchi ideologici e sociali che trasmettevano presunti valori sicuri, tra cui la stabilità. Era la famosa stabilità politica che avrebbe garantito una certa tranquillità al popolo. Scuola, sanità e giustizia: i magnifici tre della politica, argomenti su cui ruotava tutta la loro narrativa. La successiva nascita di organismi soprannazionali come la CEE, l'UE e l'ONU doveva garantire maggiore protezione e affidabilità ai governi, presentandosi come organizzazioni autorevoli, fatte da uomini eletti in cui credere. La politica, pur essendo da sempre criticata, era tuttavia vista come il principale mezzo per garantire quella tanto attesa stabilità.

Al contrario, oggi, tutta quella fiducia e speranza riposta nella politica e nelle istituzioni si è trasformata in disaffezione e sfiducia completa. I partiti nascono, crescono e poi scompaiono nel nulla o vengono assorbiti da altri partiti. Il populismo e il populismo mediatico sono la nuova frontiera della propaganda politica, che ha come unico scopo quello di incattivire gli elettori contro uno specifico gruppo o partito e di accaparrarsi chiaramente voti e consenso per sé. La polarizzazione politica viene alimentata da campagne social che hanno come fondamento la disinformazione e slogan vuoti. Emotivamente instabili e dai valori discutibili, gli esponenti della politica odierna alterano e deformano il "fare politica", trasformandolo in un palcoscenico dove si esibiscono clown da circo. La razionalità e il dibattito sono diventati puntate di soap opera o di talk show alla "Uomini e Donne", con tronisti e contendenti che cercano di accaparrarsi il grande piatto dove abbuffarsi come "magnaccioni". La politica è oggi una vecchia istituzione, volatile, derisa e con pochi frequentatori attivi ormai rimasti.

Famiglia e relazioni, dalla norma sociale alla svendita del mercato dei sentimenti

Circa trent'anni fa, il matrimonio rimaneva un momento importante da raggiungere nella vita di qualsiasi individuo "rispettabile". Non era solo un sacramento religioso, ma anche una sicurezza affettiva ed economica. I significati che si celavano dietro questa unione erano pratici e quindi spesso "strategici", affinché si stabilisse un contratto sociale che permettesse alle parti di trarre vantaggi dall'unione. Le unioni nascevano in diversi contesti e modalità. Ambienti come scuola, lavoro e comunità sociale portavano a far incontrare le parti. Le modalità, spesse volte, erano dettate non da scelte consapevoli, ma da decisioni prese sul momento o influenzate dal contesto sociale che si viveva; in altri casi si era veicolati dalla famiglia di provenienza. Le relazioni erano più durature, ma non per forza funzionali e sane. Spesso il divorzio era visto e vissuto come uno stigma, quindi era difficile essere rivoluzionari di fronte a qualcosa che la società non vedeva come "buono".

Oggi il panorama è completamente cambiato. Partiamo proprio dalle basi: le relazioni. Il termine, come anche il concetto, è stato modificato per essere quindi svenduto, rispondendo così alle leggi del mercato materialista e capitalistico. Interessi ed egoismo, uso e benefici diventano le uniche priorità personali. Non vi sono compiti, diritti e doveri, ma solo vantaggi personali. Quando una relazione non funziona, si tende a "gettare" via la persona che si ha dall'altra parte, in quanto si pensa di poter trovare di meglio nel mercato delle relazioni a basso costo: insomma, relazioni di convenienza. Sulla base di questa ideologia nuova e neoliberista nascono la maggior parte delle nuove unioni matrimoniali. Da una parte c'è il sogno e l'immagine del matrimonio alla vecchia maniera, dove ci si giura amore; dall'altra, la non conoscenza e l'incapacità di saper praticare l'amore, che altro non è se non una scelta quotidiana. Aumento di divorzi, separazioni, app di dating, social network e piattaforme come OnlyFans hanno creato un vero e proprio mercato con la sua logica: scelta ampia, valutazione rapida, scarto facile. I legami, da indissolubili, sono passati a liquidi, dove non c'è connessione, ma interessi e valori diversi: bellezza, immagine, apparenza, sesso e soldi. Si preferisce rimanere in superficie, in una sorta di New Age relazionale superficiale.


Abbondanza di risorse e acqua. Un'ingorda e cattiva gestione che ci ha portato a una scarsità tangibile

Un'insensata e mal riposta logica, in questi trent'anni, ha fatto sì che ci fosse uno sperpero di risorse e acqua potabile, pensando che fossero infinite. Forse più che gestione cattiva, c'è stata una non-gestione. La scarsità e la carestia, lasciate alle spalle dopo le grandi guerre, non ci avevano insegnato a gestire meglio, ma a consumare, strafare, a sperperare e a usare più di quanto si avesse effettivamente bisogno. Insomma, una storia lasciata ai libri, come anche l'insegnamento che avrebbe dovuto portare con sé. La possibile finitezza delle risorse e la loro probabile scarsità futura erano viste come mera teoria di fanatici ambientalisti che cercavano di sovvertire anarchicamente le solide leggi del mercato: produci e consuma. Di fatto, l'obiettivo di consumare le risorse è stato raggiunto.

Oggi ci si accorge che l'obiettivo è stato raggiunto, proprio dai prezzi che siamo costretti a pagare, in tutti i sensi. Costi elevati per risorse che prima costavano il 20% o addirittura il 50% in meno. La pandemia ha tolto il coperchio all'enorme vaso di Pandora, mostrando la vera fragilità sottostante. La guerra in Ucraina ha fatto lievitare i costi di risorse come gas e grano, portando bollette e pane a costi folli. La crisi climatica, dall'altra parte, ci rende partecipi di un "grande regalo", lasciato proprio da chi ancora non riesce a comprendere le proprie responsabilità: ovvero la scarsità di acqua potabile e le sempre più gravi condizioni di siccità in alcune zone del globo. La certezza di avere accesso illimitato a risorse energetiche e alimentari, come cibo e acqua, è solo un lontano ricordo di quei "vecchi sognatori". Illusioni che svaniscono, di certezze mai esistite.


Combustibili ed energia. Dall'era del fossile alla critica transizione energetica

Petrolio, carbone e gas sono stati i re incontrastati per quanto riguarda l'energia. Nessuna preoccupazione sul fatto che fossero altamente inquinanti e che il loro impatto sul nostro clima fosse duplice. Spesso la loro estrazione incide sul clima e sugli ecosistemi, così come il loro utilizzo. Eppure, nonostante queste informazioni, non ci si è preoccupati. Tutti abbiamo sentito la storia del papà che "alla tua età" aveva già acquistato la macchina. Ecco un modo per dimostrare l'inconsapevolezza e l'ignoranza di una generazione che ha sperperato tanto negli ultimi soli trent'anni. Le tecnologie e le risorse rinnovabili erano per un mercato di nicchia, per chi non apprezzava il caro vecchio petrolio.

Guarda invece la situazione oggi. Siamo nel bel mezzo di una crisi energetica di scala globale. C'è ancora chi sostiene che non sia così, chi nega l'evidenza e chi chiude un occhio di fronte all'evidente impatto dei combustibili fossili sul pianeta, prima causa del cambiamento climatico. Un cambiamento che, si diceva, mai e poi mai sarebbe arrivato, o che quantomeno non sarebbe toccato a noi. Ancora oggi, nonostante le evidenze non siano solo scientifiche ma reali, ci sono ancora i filocapitalisti che negano. Le forti tensioni geopolitiche e i nuovi assetti che ne stanno derivando stanno modificando anche la concezione e l'idea di energia. Se da una parte abbiamo la crisi, dall'altra abbiamo una delicata transizione energetica necessaria, ma che non ci dà quella sicurezza già assaporata con il fossile. Verità, menzogna? Elettrico o non elettrico? Nessuna certezza, solo dubbi.


Stabilità climatica e stagioni. Dal ritmo naturale al caos più totale

Il clima era percepito come lineare e regolare, uno sfondo che faceva da copertina alla vita sicura e certa dei sognatori. Di fatto le stagioni erano alquanto regolari, con inverni freddi e nevosi, estati equilibratamente calde e accompagnate da sporadiche precipitazioni estive. Le mezze stagioni, a dispetto del detto, esistevano e permettevano di percepire il passaggio intermedio da una stagione calda a una fredda e viceversa. Gli eventi meteorologici estremi (alluvioni, siccità prolungate, ondate di calore intense) erano considerati anomalie, eccezioni che confermavano la regola. Il cambiamento climatico era una preoccupazione per scienziati e attivisti, ma faticava a entrare nella coscienza collettiva come minaccia imminente.

Oggi la crisi climatica non è più teoria, ma è diventata una realtà sempre più evidente. Evidente è anche il danno causato da una mancata diligenza e premura nei confronti del pianeta sul quale viviamo. Abbiamo percepito il pianeta come nostro, come se potessimo fare ciò che volessimo senza nessuna conseguenza. I risultati? Le mezze stagioni sono praticamente scomparse, sostituite da passaggi bruschi dal caldo al freddo e viceversa. Soprattutto per quanto riguarda il caldo, sintomo del riscaldamento del globo, le ondate diventano sempre più violente e durature. Gli inverni, al contrario, sono caldi e brevi, creando così conseguenze disastrose: ghiacciai che si sciolgono a velocità innaturali, innalzamento del livello dei mari, alterazione del pH e acidificazione degli oceani. Le previsioni meteorologiche, persino quelle a breve termine, sono diventate inaffidabili. Nessuna stagionalità familiare e nessun ciclo naturale caldo-freddo. Un'incertezza climatica che porta con sé la certezza di sempre più stravolgimenti ambientali, con futuri eventi catastrofici.


Finanza e risparmio, dal risparmio al Casinò globale

Il piccolo risparmiatore e sognatore aveva le sue certezze finanziarie solide. Bastava investire in Bot e CCT (titoli di stato italiani) per assicurarsi investimenti sicuri e solidi. Le banche, seppur con scandali locali sparsi qua e là, restavano un'istituzione affidabile dove riporre i propri risparmi. La finanza globale era in crescita, così come il marciume che da lì a poco avrebbe eroso il mercato. Il mattone era visto come un investimento sicuro e affidabile.

Ma le cose, oggi, sono completamente cambiate. La grande crisi finanziaria del 2008, innescata dai mutui Subprime americani ma propagatasi a livello globale, ha incrinato irreparabilmente la fiducia nella stabilità del sistema bancario e finanziario. Ha dimostrato come l'interconnessione globale potesse trasformare crisi locali in catastrofi sistemiche. Da qui in poi i mercati sono diventati sempre più volatili, facendo aumentare così la bolla speculativa. Nuovi mercati e criptovalute aumentano le opportunità, ma offrono poche garanzie e sicurezze, proprio quelle che inseguivano i sognatori trent'anni fa. La certezza del risparmio "tranquillo" è crollata come il mercato finanziario, portando con sé l'illusione della certezza.


Geopolitica. Dall'apparente ordine al disordine multipolare

La caduta dell'URSS segna un momento storico in cui la "pax americana" e la sua egemonia economica e capitalistica dominavano incontrastate. La NATO si espandeva, l'Europa seguiva il modello democratico statunitense, mentre la Russia, apparentemente indebolita, rimaneva in disparte. La Cina era vista come la fabbrica dell'Oriente, dove ogni azienda investiva per produrre a basso costo e ricavare poi alto guadagno. I conflitti e le guerre sembravano per lo più regionali, facili da gestire, facili da programmare.

Lo scenario oggi è irriconoscibile. Un mondo multipolare, governato da disordine e conflitti che estendono il loro eco a livello globale. Gli Stati Uniti rimangono ancora una potenza primaria, ma ci sono altri pretendenti ugualmente forti da poter minacciare quel posto. Un assetto che ricorda un gioco tra bambini che cercano di accaparrarsi il potere. La Cina è diventata una superpotenza globale, assertiva militarmente, tecnologicamente avanzata e proponente un modello alternativo a quello occidentale. La Russia è tornata a essere un attore aggressivo e revisionista, capace di scatenare guerre su larga scala in Europa (Ucraina). Potenze regionali (India, Turchia, Brasile, Iran) giocano partite sempre più autonome. Le alleanze sono più fluide, mentre le tensioni si sono alzate. Oggi i vecchi equilibri sono scomparsi e la certezza di un futuro sereno è alterata dalle incertezze politiche dei vari paesi nel mondo.

Insomma, ci sono bastati solo trent'anni per cambiare, stravolgere e annullare tutte quelle finte illusioni di quella generazione di sognatori che ha davvero creduto di poter andare avanti sempre nello stesso modo, senza mai evolversi. Propensi solo alle certezze esterne, che si sono sgretolate, mostrando così tutte le incertezze interne. Già, una volta si era sicuri fuori e incerti dentro; oggi invece la verità è che siamo sempre stati in balia dell'incertezza, ma abbiamo cercato di aggrapparci a cose per sentirci più sicuri e protetti. Dal lavoro alla famiglia, dal clima alla geopolitica, ciò che appariva solido si è liquefatto, ciò che sembrava prevedibile si è rivelato caotico. Oggi non ci resta che accettare che, probabilmente, l'unica certezza è l'incertezza. Non perché ci tocca sposare il caos, ma perché è importante guardare lucidamente la realtà e la natura delle cose. Tutto è mutevole, e anche le nostre azioni richiedono "un passo" diverso dal passato.

Una nuova configurazione

Per meglio comprendere l'entità del problema, è importante identificare le origini di questa ideologia della certezza/sicurezza. Non si tratta di una questione di vedute di pensiero o di polemiche verso una modalità conservatrice che permane ancora oggi; è una vera e propria esigenza individuare la colonna portante che, dal secondo dopoguerra, ha plasmato il mondo occidentale, portandolo alla situazione che oggi tutti conosciamo perché la viviamo: la crisi.

Quattro sono gli elementi portanti di questa ideologia della sicurezza:

  • La natura come entità da dominare. Non si tratta solo dell'ambiente circostante e di ciò che ne fa parte (le altre specie), bensì il dominio sulla specie stessa, sulla propria natura, che non va gestita ma governata, pilotandola come padroni assoluti.
  • Progresso lineare e inevitabile. La convinzione, che a sua volta proviene dal pensiero illuministico, che l'uomo sia destinato a svilupparsi, a progredire secondo parametri di razionalità che lo portano al controllo assoluto, alla certezza e al benessere a essa legato.
  • Razionalità strumentale come guida suprema. Pensare che sia possibile spiegare tutto attraverso calcoli, numeri, scienza e logica razionale. La stessa idea che tutto sia spiegabile è, ancora una volta, una forma di razionalità legata all'idea di trovare certezze assolute.
  • Lo Stato-Nazione come garante ultimo. Appellarsi allo stato come garante di sicurezza. Un'entità che sta al di sopra e che può e deve garantire protezione, sicurezza ma soprattutto certezze.

Questa "grande narrazione" delle certezze ha plasmato il nostro modo di vivere e quindi le nostre vite. La nostra stessa esistenza è costantemente influenzata da questa idea della sicurezza e dalla sua ricerca continua. Tutto questo però si è trasformato in disfunzionalità sistemiche, che il XXI secolo ci ha mostrato in maniera molto chiara e decisa.

Il rigido mondo del lavoro. Il lavoro è un tema caldo nei nostri giorni: emblematico, complesso e dall'intreccio difficile. Certo è che l'attuale strategia sta risultando ormai da decenni fallimentare. Perché? Perché è semplicemente racchiusa nella sua rigida logica.

Garantire un reddito base universale o parziale potrebbe diventare un passaggio fondamentale. Ovvero creare un circuito, locale e interno, dove ogni attività possa maturare nel tempo, con passaggi facilitati sia sotto il profilo burocratico e legislativo, sia sotto il profilo della tassazione. Insomma, vantaggi veri che vengano monitorati, affinché la possibilità di frode si avvicini allo zero. Un welfare che sia svincolato dal tipo di contratto. Malattie, disoccupazione e formazione potrebbero diventare legati direttamente all'individuo e alla sua personale situazione, piuttosto che legare il tutto alla tipologia di contratto. Personalizzazione e intensi investimenti nelle risorse umane, i collaboratori. Formarli al cambiamento attraverso metodi basati sul reskilling/upskilling: in questo modo, la polivalenza diventerebbe un'opportunità di crescita per tutti (azienda e collaboratore). Infine, la possibilità di accedere a crediti agevolati e a passaggi burocratici più leggeri per chi decide di avviarsi alla creazione di una nuova attività. Comprendere che il fallimento o le deviazioni aziendali sono parte del processo e non dovrebbero segnare la fine o il fallimento, ma un invito a soccorrere chi è in difficoltà.

Dalla crescita economica lineare a un'economia rigenerativa circolare. Un altro grande limite della nostra attuale società è proprio la sua economia. Insostenibilità ambientale, crisi finanziarie e disuguaglianze stanno frammentando il nostro mondo in due fazioni: poveri che diventano sempre più poveri e ricchi che continuano ad accumulare sempre più ricchezze. Una forbice che aumenta sempre di più il divario tra le parti, accrescendo quella sensazione di instabilità e incertezza.

Attualmente la nostra economia prevede metriche numeriche che si rifanno sul PIL e sul suo eventuale andamento. L'introduzione di altri parametri per misurare la qualità dell'economia potrebbe dare una grossa mano e, allo stesso tempo, una spinta. Indicatori ambientali, sociali, di salute e di felicità nella valutazione del progresso, accettando che la crescita materiale infinita è un'illusione. Riformulare l'economia della super produzione capitalistica, trasformandola attraverso politiche di riuso, riciclo e rigenerazione. Anche la durabilità dovrebbe essere un concetto base per la produzione, sostituendo l'"obsolescenza programmata" (o "finità programmata", ndt) per aumentare il consumo sfrenato. Accettare che l'incertezza finanziaria è una realtà; quindi, intervenire cercando di limitare le possibili scommesse dell'alta finanza, che speculano su situazioni economiche difficili. Situazioni economiche difficili si traducono in disgrazie e sofferenze di altre persone. Evitare di "prezzare" i rischi potrebbe salvaguardare una parte dell'attuale economia. Supportare economie locali, cooperative, imprese sociali e piccole imprese potrebbe garantire grandi benefici per tutti. Questo perché, non essendo interconnesse al grande circuito economico, subirebbero meno lo "shock" delle fluttuazioni economiche globali.

Anche i sistemi pensionistici rigidi attuali potrebbero essere sostituiti da percorsi previdenziali flessibili. Ad esempio, potrebbe essere integrata una parziale pensione insieme a un lavoro part-time, per diminuire l'incidenza del carico di lavoro con l'avanzare dell'età. Quindi, piuttosto che arrivare ad età assurde dovendo ancora lavorare, questa potrebbe essere una soluzione conveniente per entrambe le parti. Introdurre una condizione e un'idea di responsabilità personale, attraverso una gestione previdenziale privata e personalizzata, aiutata da strumenti e fondi pubblici, affinché possa alleggerire il carico economico di tutte le parti.

Anche il sistema politico dovrebbe subire una sostanziale rivoluzione, passando da un'amministrazione paralizzata a una che mira alla risoluzione dei problemi, puntando a risultati concreti. Innanzitutto, servirebbe una classe politica degna di questo nome, in cui il senso del bene comune e i valori siano centrali. Gli interessi personali dovrebbero essere al servizio del popolo e per il popolo, non per scopi personali.

Successivamente si può parlare di interventi pratici, come l'introduzione di metodologie utili ai servizi pubblici e per la comunità, che mirino all'individuo ai fini del bene collettivo. La semplificazione dovrebbe essere un elemento radicale, raggiungibile per mezzo della digitalizzazione, affinché sia i tempi sia le modalità possano diventare facili e pratici. Invitare a responsabilizzare i funzionari attraverso interventi non legati alla burocrazia, ma direttamente proporzionali ai risultati. La capacità di problem solving dovrebbe sostituire la conformità formale. Si dovrebbero accettare margini di errore come possibilità di apprendimento.

Infine, ma non meno importante, è necessaria una riconfigurazione psicologica e culturale: passare dalla resilienza emotiva all'accettazione creativa dell'incertezza come fonte di apprendimento ed evoluzione. Siamo costantemente condizionati ad "incassare i colpi", spesso senza riconoscere gli schemi e le configurazioni che applichiamo costantemente e che, seppur inconsciamente, hanno effetti sulla nostra vita quotidiana, sulle scelte e quindi sull'intera esistenza.

La tendenza non è difficile da spiegare: come già detto, non siamo predisposti ad andare verso le incertezze. A maggior ragione in una società che millanta sicurezze assolute. Quali possono essere le soluzioni a quest'ansia diffusa e alla mania del controllo?

Il riconoscimento è il punto di partenza. Poche sono le cose sicure in questa vita, come la morte e il cambiamento (anche se la prima non si può citare). Quindi, riconoscere che non c'è nulla di sicuro è un ottimo punto di partenza. Dopo aver compreso ciò nella teoria, va applicato nella pratica. Come? Con l'accettazione. Accettare che niente è sotto il nostro controllo; quindi, niente è realmente sicuro. Questo non vuol dire che io non possa gestire ciò che mi accade, non vuol dire che non sia io a dare i significati a ciò che mi sta intorno. Un altro aspetto fondamentale è proprio l'educazione. Non la scegliamo, ma la scelgono per noi i nostri genitori o il sistema. Ma, se ne siamo consapevoli, possiamo sempre educarci all'ascolto di noi stessi, al riconoscimento delle emozioni, alla selezione dei pensieri e quindi intraprendere uno dei percorsi più importanti: la conoscenza di sé stessi. Al contrario, oggi, l'evitamento è verso se stessi, attraverso lo slalom tra situazioni e persone che incontriamo durante il nostro percorso. In questo modo sarà possibile decostruire l'ideologia dell'incertezza, insieme alla sua cultura infondata. Non solo: si dovrebbero promuovere narrazioni che prevedano una rilettura dell'incertezza.


Non si tratta di certezze, ma  di opportunità

Cercare di "afferrare certezze" che ci consolino non ci offre né possibilità né opportunità. Ci fa rimanere ancorati a un'idea, un'illusione, che la realtà presto o tardi smonterà. Al contrario, un'esistenza piena si basa appunto sulla crescita, sull'evoluzione e sull'apprendimento che solo il cambiamento può darci. Il cambiamento viene da scelte incerte, da quelle di cui non conosciamo l'esito, ma che ci permetteranno di offrirci qualcosa di diverso, nuovo, più adatto a noi.

Al contrario, percorrere la strada che già conosciamo, quella che ci porta verso luoghi familiari, ci fornirà quella sorta di sicurezza che, al primo "tremolio", franerà su sé stessa, facendo crollare quelle illusioni di certezza. La valuta per queste due scelte che ci troviamo a operare è energia e tempo.

Sta a noi decidere che tipo di vita scegliere: se una "sicura" o un'altra ricca di opportunità.

Un mondo stretto dalla morsa dei tempi stretti. La ricerca di un tempo perduto: il nostro.
Autore: Orientati di Marco Lombardi 11 aprile 2025
Velocità, performance, obiettivi, consegne, mail, messaggi. Abbiamo accettato il tutto e subito, ma non avevamo calcolato che anche i tempi sarebbero raddoppiati. Al loro raddoppiare, noi ci affanniamo per "starci dietro".
Cibi ultra-processati, dolcissimi e salatissimi, per stimolare un piacere ingannevole.
Autore: Orientati di Marco Lombardi 18 marzo 2025
Cibi in scatola, trasformati, ultra-processati, resi irresistibilmente gustosi e appetitosi. Gusto perfetto e impeccabile, tanto che non ne riusciresti a farne a meno. Ma quanto sono sani per la nostra salute?
Come le abitudini e la routine, possano diventare un freno al cambiamento e alla crescita personale.
Autore: Orientati di Marco Lombardi 4 marzo 2025
Abitudinari, comodi, impostati a fare sempre le stesse cose, sempre nello stesso modo. Monotonia che abbraccia la sicurezza di ciò che ormai conosciamo. Insoddisfazione, perché ci precludiamo la possibilità di scoprire, cambiare e "crescere".
Una realtà che illude e inganna, coloro che scambiano la verità per ombre.
Autore: Orientati di Marco Lombardi 21 febbraio 2025
Un "ritorno" al mito della caverna, dove gli "uomini" non distinguono più il mondo delle apparenze, illusioni e bugie, rispetto alla verità: non siamo realmente liberi come crediamo.
Le ossessioni e gli elementi salutari, di un aspetto comune: il corpo
Autore: Orientati di Marco Lombardi 15 febbraio 2025
L'immagine di sé: questo mondo ci vuole in forma, sorridenti e smaglianti, in una sola parola: perfetti. Una corsa alla performance ci impone corpi scultorei, un mito che, dopo millenni, inseguiamo ancora. Come potremmo migliorare questa epoca?
Non da soli, ma insieme verso il futuro
Autore: Orientati di Marco Lombardi 6 febbraio 2025
Nell'era dell'individualismo, dove profitto e capitalismo dettano legge, siamo indotti a concentrarci esclusivamente su noi stessi. Ma questa visione miope ci impedisce di comprendere una verità fondamentale: il benessere individuale è indissolubilmente legato al benessere collettivo.
Un altro modo per definire come viviamo la nostra quotidianità
Autore: Orientati di Marco Lombardi 25 gennaio 2025
Un evento, una persona o quel qualcosa tanto desiderato, eventi che hanno in comune l'attesa. Ci catapulta in una dimensione temporale a sé, dove il tempo scorre in maniera lenta e angosciante. E se l'attesa fosse solo un punto di vista?
Tra vizio e dipendenza, una sostanza socialmente accettata.
Autore: Orientati di Marco Lombardi 17 gennaio 2025
"Ogni tanto non fa male" oppure "un bicchiere di vino al giorno fa bene". Tutte dicerie del popolo, basate su un modello culturale che accetta come sana, una sostanza che in realtà è cancerogena: l'alcool.
L'angoscia dilagante del post-vacanze
Autore: Orientati di Marco Lombardi 10 gennaio 2025
Anche tu probabilmente almeno una volta nella vita, hai provato quella sensazione di angoscia mista a tristezza, rientrando a lavoro o nella "vita di tutti i giorni". Ogni azione o attività, anche le più semplici, diventano quasi impossibili da portare a termine. Svogliatezza e stanchezza diventano l'unica certezza. Imparare a gestire questa situazione potrebbe essere l'unica soluzione...
Un ciclo continuo tra
Autore: Orientati di Marco Lombardi 20 dicembre 2024
Capita spesso, è veramente molto comune, vivere momenti propizi e momenti di "bassa" nella nostra vita. E se ti dicessi che una parte di questi momenti deriva da una cattiva gestione, ci crederesti?
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