Blissing Point Food. Il gusto della dipendenza
Il concetto
Con il termine "blissing point" generalmente non si fa riferimento a qualcosa di univoco o universalmente conosciuto. Tuttavia, ha un'origine specifica: venne infatti coniato dal ricercatore Howard Moskowitz, specialista in psicofisica del cibo, per descrivere il prodotto dal perfetto equilibrio che oggi l'industria alimentare propone sul mercato. Un equilibrio perfetto tra zuccheri, grassi e sale, per garantire il massimo godimento e piacere. Ma non tutto ciò che è gustoso è anche genuino.

Dietro il sipario
Il concetto del blissing point food ruota sostanzialmente su un concetto base: buono non vuol dire sano. Sembra facile, eppure realmente non lo è. Siamo di fatto così immersi in una società capitalistica e devota al guadagno, che ormai ogni cosa, ogni aspetto che la riguarda, ne viene "infettato". Lo stesso vale anche per il cibo.
Apparteniamo a un'epoca dove ormai il prodotto di qualità vero è difficile da trovare. Ma prima, sappiamo davvero quali caratteristiche ha un prodotto di qualità? Quale cultura alimentare ci viene trasmessa fin da piccoli? Quanto ne sappiamo veramente?
Il concetto di blissing point legato al cibo si pone proprio questo obiettivo: smascherare falsi miti e mostrare un po' di verità in un mondo apparentemente "buono".
Dall'inizio del XX secolo, l'industria alimentare ha ben compreso che per attrarre consumatori (dipendenti) fosse importante dare importanza al gusto e alla consistenza del prodotto che mettevano sul mercato. È importante fare una netta distinzione tra alimento e prodotto. I prodotti sono tutti quegli alimenti che sono stati processati, ricevendo diverse trasformazioni sia fisiche che chimiche, per ottenere appunto un prodotto da forno finale (prodotto industriale). Gli alimenti invece sono cibi che si trovano nella loro forma naturale, o lievemente trasformati (molto vicini alla loro forma originale), come ad esempio il pane, che si ricava da farina, acqua e lievito con una cottura moderata. Ma ritornando alla storia del grande inganno, fin da subito si è compreso che combinando zuccheri e grassi si potevano ottenere cibi più appetibili rispetto a quelli di partenza. Quindi snack, biscotti e dolciumi sono stati prodotti seguendo questa "filosofia".
Ma la vera rivoluzione dell'industria alimentare avviene nella seconda metà del XX secolo, quando le maggiori aziende come General Food, Kraft e Nestlé iniziano a investire massicciamente nella ricerca del gusto e nella food science. Psicologi e chimici sono stati assunti da queste aziende per creare cibi che fossero super buoni e che creassero sostanzialmente una cosa sola: dipendenza.
Negli anni '70/'80 Howard Moskowitz diventa una figura chiave di questo processo. Quest'ultimo ha individuato dei metodi e delle strategie per individuare il blissing point. Infatti, anziché chiedere ai consumatori cosa preferissero, li esponeva a decine di varianti dello stesso prodotto, con diverse quantità e quindi combinazioni di grassi e zuccheri. Questo tipo di analisi dati permetteva di individuare "il punto" del massimo piacere complessivo da parte del consumatore.
Tutto questo porta a una sola conseguenza: l'aumento del consumo di prodotti da forno (industriali), trasformati e pensati per raggiungere quel punto di massima libidine. Studiati a pennello per essere resi irresistibili. Ci sono statistiche globali che mostrano per l'appunto l'aumento dell'utilizzo di diverse combinazioni tra grassi, zuccheri e sale, affinché si possano ottenere prodotti "blissful" (che portano massima felicità e appagamento). Molte ricerche scientifiche hanno ampiamente dimostrato che i cibi altamente palatabili, con alte concentrazioni di zuccheri, grassi e sale, attivano alcuni centri neurali che ci permettono di vivere la sensazione di ricompensa, felicità e serenità. In questo modo, questi prodotti creano una relazione di dipendenza per via della continua ricerca di queste sensazioni, e le industrie alimentari lo sanno molto bene.
Uno dei concetti chiave dell'argomento è il "Sensory-Specific Satiety", ovvero la sazietà sensoriale specifica. Il nostro cervello, se sottoposto per un periodo medio-lungo a un determinato gusto o consistenza, "si stanca". I cibi della cerchia del blissing point hanno diversi aromi e diverse consistenze, studiate appositamente per eludere il senso di sazietà dato proprio dalla caratteristica studiata precedentemente.
Dietro quel mondo goloso c'è un altro mondo studiato, migliorato e perfezionato nel tempo da chi studia a tavolino "come poterti prendere per la gola"

Sei ciò che vogliono che mangi
Quindi l'industria alimentare, ormai da decenni, studia ed elabora in maniera sempre più accurata prodotti alimentari in grado di essere super palatabili. Creati per attirare l'attenzione e per far leva sui nostri presunti bisogni, li acquistiamo per vivere quel momento di libidine, "un attimo di pace". Sono tanti gli aspetti sui quali si punta per rendere questi cibi estremamente irresistibili. Comprendere quali sono ci permette di raggiungere una maggiore consapevolezza, aiutandoci a fare scelte sicuramente più sane.
Capiamo prima il perché "cediamo biologicamente" alla trappola del blissing point. La trappola della dipendenza ha prima di tutto delle ragioni biologiche ben precise, legate ad altri fattori che ci permetteranno di "chiudere il cerchio" alla fine dell'articolo, in quanto nessun elemento è lasciato al caso, ma è tutto ben congegnato. Ritornando ai fattori biologici, possiamo dire che il blissing point non è sempre mancanza di volontà o una debolezza morale o psicologica; bensì, la dipendenza da questi cibi super palatabili è un meccanismo complesso e multifattoriale che tocca elementi come la componente psico-emotiva e sociale.
Il nostro cervello possiede una serie di circuiti specifici, tra cui quello della dopamina e della Neurobiologia della ricompensa. Ovvero, il nostro intero sistema nervoso, controllato da questo complesso organo, è cablato in maniera tale da ricercare e ripetere sempre gli stessi comportamenti che ci portano piacere e soddisfazione essenziali per la sopravvivenza (mangiare, bere, riprodursi e così via). Questo sistema è mediato da neurotrasmettitori come la dopamina. Essa viene rilasciata dai neuroni dal momento in cui sperimentiamo una sensazione piacevole, provando subito un senso di appagamento, euforia, rilassatezza e soddisfazione. Che ruolo giocano grassi, zuccheri e sale in tutto questo?
Questi tre elementi, se combinati in modo sapiente come nei cibi del blissing point food, sono dei super stimolatori di questo sistema. Sono cosiddetti dopaminergici, cioè stimolano proprio i recettori che producono dopamina, la quale darà a sua volta un senso di soddisfazione e piacere. Di fatto, questi alimenti super gustosi, chiaramente innaturali viste le alte concentrazioni di zuccheri, grassi e sale, stimolano alte concentrazioni di questi stimoli.
Questa alta concentrazione di stimoli porta a una dipendenza neurochimica: l'esposizione continua a questa stimolazione da parte di questi cibi ha fatto registrare cambiamenti a livello cerebrale molto simili a quelli che avvengono in altre dipendenze da sostanze come droghe, nicotina e alcool (https://www.orientatibenessereesalute.com/vizio-o-dipendenza-l-alcool).
Ed è proprio qui che entrano in gioco dei fattori determinanti dei cibi che appartengono al blissing point food:
Tolleranza. Con il tempo il nostro cervello si adatta ai sapori e alla sua conseguente stimolazione a livello recettoriale, e si ha come conseguenza una ricerca di concentrazioni sempre più elevate affinché possano essere replicate le sensazioni di soddisfazione, appagamento e piacere. Tradotto, si tende a mangiare quantità maggiori di questi prodotti.
Craving e astinenza. Se si provasse a ridurre o a privarsi del consumo di questi cibi, si cade in una condizione che ci permette di sperimentare il craving, ovvero quella incontrollata e inarrestabile voglia di consumare cibi altamente palatabili. La famosa voglia di dolce serale, presente ogni sera, ad esempio. Un desiderio che non ci fa dormire la notte o che ci fa pensare tutto il giorno a determinati tipi di prodotti (non è fame, ma blissing point food). Simile è l'astinenza, dove in caso di mancato appagamento di quel desiderio, siamo irascibili, nervosi, irritabili, ansiosi o addirittura depressi. Questo si verifica a causa dei livelli di dopamina artificialmente alti indotti da questi prodotti industriali.
Sensibilizzazione. In altri casi, per alcune persone, l'esposizione continua ad alti contenuti di prodotti dopaminergici derivati dal cibo fa sì che diventino sempre più sensibili, con conseguente sensibilizzazione del sistema di ricompensa, intensificando così la reattività e il desiderio di prodotti alimentari industriali.
Destabilizzazione ormonale. I prodotti con alti contenuti di grassi, zuccheri e sale sono in grado di interferire con alcuni ormoni che regolano il senso di sazietà e di fame. È il caso della grelina e della leptina. In effetti, i cibi blissing point possono interferire con il loro segnale, portando a una disregolazione del segnale e inibendo, ad esempio, il senso di sazietà.
Come nella fiaba...
La fiaba di Hansel e Gretel racconta la storia di due fratelli abbandonati nella foresta dai genitori, incapaci di sfamarli. Dopo un lungo vagare, i bambini trovano una casa fatta interamente di dolci e zucchero: un’attrazione irresistibile che li porta a cedere alla tentazione e iniziare a mangiarla senza pensare alle conseguenze. Tuttavia, dietro questa delizia si nasconde una strega malvagia, che ha progettato la casa proprio per attirare e intrappolare i bambini con il cibo, per poi divorarli.
Ed ecco come è possibile spiegare cosa sia l'industria alimentare oggi, come funzioni il meccanismo del blissing point food: una strega (l'industria) che sfrutta tutto questo per attirare i bambini (i consumatori) e farli diventare dipendenti dai suoi prodotti.
La casa dei dolci potrebbe essere ben paragonata al cibo processato. Di fatto, i due bambini nel racconto sono assuefatti da questa casa fatta di dolci; anche oggi assistiamo a una vera e propria dipendenza da snack, sostanze zuccherate, ricche di grassi e così via. Il caso del caramello salato è un prodotto perfetto per dare dipendenza, perché è dolce e salato allo stesso tempo per quanto riguarda il sapore. Mentre per quanto riguarda i suoi valori nutrizionali, è alto in zuccheri e grassi, ed è anche salato. Ha una consistenza morbida, ma è spesso associato a elementi croccanti per creare così un contrasto perfetto. Insomma, una vera droga!
Così come la casa della strega, questi cibi devono ultra-stimolare e indurre a una produzione elevata di dopamina, al fine di farci sentire in paradiso.
Ed è così che si cade nella trappola del consumo compulsivo: i bambini (i consumatori) mangiano, mangiano e mangiano ancora, credendo di soddisfare la fame e quel senso di piacere momentaneo. Ma di fatto, più mangiavano e più ne volevano. Il craving è esattamente questo: un consumo continuo e compulsivo, dove non si è pienamente coscienti delle quantità di cibo che si stanno ingerendo. Questo effetto è dato solo da questa tipologia di prodotti, non dal vero cibo.
Lo scopo non è nutrire, ma spremere il consumatore. Non è così diverso dalla storia di Hansel e Gretel, in quanto anche la strega non aveva nessuna intenzione benevola nei confronti dei bambini. Infatti, "li faceva ingozzare" affinché diventassero grassi per poi essere mangiati. In un modo molto simile, oggi aumenta il numero di persone in sovrappeso e obese a causa proprio di questi prodotti.
Questa fiaba, in questo caso, ha l'intento di smascherare e mostrare il vero volto dell'industria alimentare. Il modus operandi di queste grandi aziende è sempre lo stesso: utilizzo di ingredienti a basso costo (olio di palma), massicce campagne pubblicitarie e ingenti investimenti nel trovare prodotti "blissing point". Il problema più grosso ricade proprio sui consumatori:
L'obesità è in aumento a livello globale. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2016, oltre 1,9 miliardi di adulti di 18 anni e più erano in sovrappeso. Di questi, oltre 650 milioni erano obesi. Le cifre continuano a crescere. In Italia, secondo dati ISTAT più recenti, circa un terzo della popolazione adulta è in sovrappeso e oltre il 10% è obesa. L'obesità infantile è anch'essa un problema significativo.
Le MCV (malattie cardiovascolari) sono la principale causa di morte a livello globale. L'OMS stima che nel 2019 siano state responsabili di 17,9 milioni di decessi, pari al 32% di tutti i decessi a livello globale. In Italia, le MCV rappresentano ancora una delle principali cause di mortalità e morbilità. Alcune stime suggeriscono che fino all'80% delle malattie cardiovascolari potrebbe essere evitato con cambiamenti nello stile di vita, tra cui una dieta sana. Sebbene non quantificabile precisamente per i soli "bliss point food", è chiaro che il loro contributo attraverso diete non salutari è significativo.
Il diabete di tipo 2 è una pandemia globale in crescita. L'International Diabetes Federation (IDF) stima che nel 2021 circa 537 milioni di adulti (20-79 anni) in tutto il mondo convivessero con il diabete. Si prevede che questo numero aumenterà drasticamente nei prossimi decenni. Anche in Italia la prevalenza del diabete di tipo 2 è in aumento. Alcune stime suggeriscono che fino al 90% dei casi di diabete di tipo 2 potrebbe essere evitato o ritardato con cambiamenti nello stile di vita, tra cui una dieta adeguata. Anche in questo caso, i "bliss point food" contribuiscono in modo significativo attraverso il loro ruolo nelle diete non salutari.
Il cancro è una delle principali cause di morte a livello globale. L'OMS stima che nel 2020 ci siano stati circa 10 milioni di decessi per cancro. L'incidenza e la mortalità per alcuni tipi di cancro sono in aumento in molte parti del mondo. Si stima che una percentuale significativa dei tumori sia prevenibile attraverso modifiche dello stile di vita, inclusa l'alimentazione. Le stime variano, ma alcune fonti suggeriscono che circa il 30-50% dei tumori potrebbe essere prevenuto con cambiamenti nello stile di vita, inclusa una dieta sana. Il contributo specifico dei "bliss point food" è indiretto, ma rilevante attraverso il loro ruolo nel promuovere diete non salutari e obesità.
Questi prodotti appartenenti ai "blissing point food" presentano dei meccanismi specifici attraverso i quali influenzano l'aumento del rischio di malattie:
- Eccesso Calorico e Obesità: Sono progettati per essere iper-appetibili e portare al consumo eccessivo, favorendo l'eccesso calorico e l'aumento di peso, fattore di rischio per tutte le patologie elencate.
- Squilibrio Nutrizionale: Sostituiscono alimenti nutrienti con cibi poveri di vitamine, minerali, fibre e antiossidanti, ma ricchi di calorie vuote.
- Picchi Glicemici e Insulino-Resistenza: L'alto contenuto di zuccheri semplici provoca picchi glicemici, che nel tempo possono portare a insulino-resistenza e diabete di tipo 2.
- Aumento del Colesterolo LDL e Trigliceridi: L'alto contenuto di grassi saturi e trans può influenzare negativamente il profilo lipidico, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari.
- Infiammazione Cronica: Diete ricche di zuccheri raffinati e grassi saturi possono promuovere l'infiammazione cronica di basso grado, un fattore che contribuisce a tutte le patologie menzionate.
- Alterazione del Microbiota Intestinale: I cibi ultra-processati possono influenzare negativamente la composizione e la funzione del microbiota intestinale, con possibili effetti negativi sulla salute metabolica e immunitaria.
Buono, ne sei proprio sicuro?

Alimentazione sana, per un corpo sano
Snack, cioccolata, bibite gasate, caramelle, dolci confezionati, hamburger, patatine fritte, confezionati e processati. Abbiamo modificato completamente il nostro modo di vedere, procurarci, assumere cibo e di pensare al cibo stesso.
Oggi, quando pensiamo agli alimenti, la mente tende a essere dirottata verso ciò che possiamo acquistare al supermercato o nelle grandi catene di distribuzione alimentare, che nel tempo hanno sostituito punti vendita più a misura d'uomo e, si potrebbe dire, a misura di cibo.
Sì, perché l'offerta di queste grandi catene è costituita da prodotti già pronti, inscatolati, a lunga conservazione, modificati ed elaborati per essere resistenti e appetibili ai diversi palati.
Cibi ultra-processati, con aggiunta di sostanze utili a stabilizzarli e a conservarli per mesi. Non più un cibo, ma un prodotto di consumo.
Quindi, cos'è il cibo per noi oggi? Negli ultimi due secoli è stata introdotta un'idea di nutrimento diversa, alterata e quindi pilotata proprio da questi grandi marchi industriali, che non ci hanno venduto solo i prodotti stessi, ma ancor prima un'idea.
Abbiamo dimenticato, o forse barattato, il vero cibo con questi prodotti che sono lontani dall'esserlo. Ma quali caratteristiche dovrebbe avere un cibo per essere definito tale?
Freschezza. Teoricamente, un alimento dovrebbe essere raccolto, prodotto od ottenuto in un lasso di tempo relativamente breve, per poi essere consumato. Con la freschezza si ha anche un altro elemento determinante, ovvero una maggiore quantità di elementi nutritivi di qualità, senza nessuna aggiunta artificiale. Con la freschezza, anche il sapore diventa autentico, vero e quindi equilibrato per il nostro organismo.
Origine naturale. Proviene direttamente dalla natura, ed è minimamente trasformato, in modo tale che conservi l'integrità massima delle sue proprietà nutritive. Frutta, verdura, uova, latte, cereali, pesce, carne, legumi: sono questi gli alimenti che generalmente mantengono la loro origine naturale. Sono esposti al massimo a processi "lievi", come l'essiccazione, la fermentazione, la macinazione o l'esposizione a basse temperature.
Aspetto e forma. Dovrebbero riflettere la loro origine naturale, "imperfetta". Non mele senza buchi o imperfezioni, ma magari leggermente ammaccate e non "belle" da vedere. Non pomodori traslucidi, ma con forme irregolari e forse anche un po' ammaccati. Forme che non sono state modificate artificialmente, ma che riflettono la loro origine.
Tempo di deterioramento. Sono soggetti a deterioramento naturale. La frutta ammuffisce, la carne cruda si deteriora, il pane rafferma e così via dicendo. Il tempo è breve per quanto riguarda la conservazione del vero cibo.
Valori nutrizionali elevati e ben bilanciati. I macronutrienti sono presenti in un certo equilibrio. Non alti grassi, zuccheri e proteine in un solo prodotto, ma carboidrati complessi (dai cereali integrali, verdure), proteine di alta qualità (da carne, pesce, legumi, uova), grassi sani (da avocado, olio d'oliva, frutta secca, pesce grasso). Questi alimenti non presentano solo buoni macronutrienti, ma tantissimi micronutrienti necessari al nostro organismo: vitamine (A, C, D, E, K, gruppo B), minerali (ferro, calcio, magnesio, potassio, zinco), antiossidanti e fitonutrienti. Questi composti sono cruciali per la salute cellulare, il sistema immunitario, la funzione neurologica e la prevenzione di malattie croniche.
Fibre alimentari. Contengono una buona quantità di fibra alimentare, importante per la salute digestiva, il controllo della glicemia, la sazietà e la salute del microbiota intestinale. La fibra si trova principalmente in frutta, verdura, cereali integrali e legumi.
Trasformazione limitata. Subiscono processi di trasformazione minimi che mirano a renderli sicuri per il consumo, più digeribili o conservabili per un breve periodo, ma senza alterare drasticamente la loro composizione nutrizionale o aggiungere ingredienti artificiali in modo significativo.
Ingredienti naturali e riconoscibili. Se hanno subito qualche processo di trasformazione, gli ingredienti utilizzati sono naturali, semplici e facilmente riconoscibili (es. farina integrale, acqua, sale, lievito madre per il pane). La lista degli ingredienti è corta e comprensibile.
Sazietà naturale. Inducono una sazietà naturale e appropriata, aiutando a regolare l'appetito e prevenire il consumo eccessivo di calorie. La combinazione di fibre, proteine e grassi sani contribuisce a questa sazietà.
Sapore Autentico e Soddisfacente. Offrono sapori autentici, complessi e soddisfacenti che derivano dalla loro composizione naturale e freschezza, piuttosto che da aromi artificiali o esaltatori di sapidità.
Il mito del "fit e del proteico"
Se da una parte abbiamo i blissing point food, che spingono per indurre al consumo sfrenato di questa tipologia di prodotti, dall'altra parte abbiamo invece una vasta gamma di prodotti soprannominati fit e/o proteici. Dovrebbero rappresentare i "buoni" del racconto, ma in realtà non sono altro che prodotti ultra-processati, con la maschera da buono.
Sostanzialmente non sono altro che un'altra trovata commerciale, dove ci viene venduto come salutare e benefico (quando in realtà non lo è), ma non sono altro che prodotti trasformati, processati e con aggiunta di elementi nutritivi che in realtà non avrebbero. Sono tante le varianti presenti sul mercato, tra polveri e integratori di tutti i tipi, tra prodotti proteici e altri venduti come tali, quando in realtà sarebbero naturalmente ricchi di proteine. Insomma, un giro d'affari che promette bene, visto che abbiamo anche l'acqua proteica.
La strategia del "protein Boosting" è un metodo che l'industria alimentare utilizza su prodotti che originariamente erano scarsi o privi di proteine, in seguito arricchiti artificialmente di questo micronutriente per mezzo di proteine sintetizzate dal siero del latte. Di fatto, questa aggiunta viene valorizzata come un plus per la salute e il benessere del corpo. In tutto ciò, nessuno sa o conosce fino in fondo la qualità e la biodisponibilità delle proteine aggiunte. Spesse volte la loro qualità è inferiore rispetto a quelle reperibili naturalmente. Di fatto anche la loro biodisponibilità è diversa, visto che nel processo di estrazione si utilizzano passaggi chimici e fisici che influiscono su questi fattori.
Un altro aspetto di questi alimenti "fit" dà un focus complessivo nutrizionale completamente distorto. Di fatto, a livello commerciale sono prodotti venduti come leggeri e magari proteici. Di fatto i valori nutrizionali dicono tutt'altro: alti grassi e zuccheri aggiunti, con un quantitativo di proteine moderato. Ma la cosa interessante è questa: quali zuccheri aggiunti? Di quali grassi stiamo parlando? Proteine naturali o aggiunte? Insomma, sono ancora prodotti processati, venduti sotto il nome di "fit" o "proteici", ma che in realtà hanno poco di entrambi.
L'altro aspetto curioso è che, spesse volte, alimenti già di per sé proteici sono venduti a costi superiori perché "proteici". Abbiamo quindi una mistificazione di questi prodotti proteici. Si tende a fare leva sulla consapevolezza "proteica". Fonti come uova, yogurt, formaggi, carni e così via vengono venduti come prodotti che hanno questo plus, le proteine. Nei fatti, essi sono alimenti già di per sé proteici. Quindi ancora una volta, le campagne pubblicitarie conquistano ancora i loro seguaci. Perché seguaci? Perché queste campagne pubblicitarie non vendono in sé per sé il prodotto, ma il bisogno. Inducono a pensare che tu abbia bisogno di proteine perché sei carente e, soprattutto, perché non le troveresti in altri alimenti come macronutriente già presente.
Con che cosa coincide tutto ciò? Un aumento del prezzo ingiustificato e non equiparato al prodotto stesso. Yogurt naturale venduto a un prezzo maggiorato solo perché sulla confezione campeggia la scritta "Alto contenuto proteico".
Insomma, la strategia non è puntare sul prodotto, piuttosto sull'idea che c'è dietro quel prodotto. Ed è così che funziona anche per gli integratori, come proteine in polvere e associati: vitamine, integratori di minerali, polveri che aumentano la forza, altre la virilità, altre ancora che incrementano il testosterone, chi invece promette un recupero veloce con assenza di fatica. A chi sono rivolte queste promesse? A tutti coloro che seguono l'idea di un corpo sempre perfetto, sempre in forma, con assenza di fatica o di imperfezioni (https://www.orientatibenessereesalute.com/corpo-perfetto-o-stare-in-forma); ai cultori della palestra che vedono in essa l'unico vero riconoscimento sociale: essere esteticamente perfetti.
Chiaramente dietro tutto ciò si cela una grande verità: quelle polveri non hanno grossi effetti e il più delle volte sono nulli. Chi le promuove sono aziende e industrie che sfruttano volti e personaggi che, a loro volta, utilizzano non polveri, ma sostegni chimici per essere "aesthetics" ogni giorno, tutti i giorni. Non c'è un equilibrio fisico, mentale ed emotivo dietro tutto questo, ma una sorta di visione deforme che condiziona chi la segue alla sudditanza.
Quindi da una parte promesse e insistenza per ottenere corpi e performance inesistenti (se non per effetto placebo), dall'altra parte elevati costi per "polveri" al vento.
Fuori dalla cultura, fuori dagli schemi
Per meglio comprendere il meccanismo del "blissing point food", è necessario analizzare il modello sociale su cui attualmente poggia la nostra società. Viviamo in tempi veloci e stressanti. Questi due elementi, insieme, sono chiave, in quanto uniscono i pezzi mancanti del puzzle.
Abbiamo analizzato in un altro articolo come viviamo tempi difficili, dettati da scadenze, obiettivi e performance inumane (https://www.orientatibenessereesalute.com/praticare-lentezza-e-non-azione), che aumentano i nostri livelli di stress. Ed è proprio qui che entra nuovamente in gioco il fattore "Blissing Point Food". Ovvero, tra i due elementi esiste una strettissima correlazione, si richiamano tra loro e, chi ne è consapevole, sfrutta tutto ciò a proprio vantaggio. Abbiamo visto come il blissing point food entra in gioco nel momento in cui il nostro sistema nervoso ricerca elementi, o in questo caso alimenti, che riescono a stimolare o sovra-stimolare la produzione di dopamina, la quale a sua volta ci permetterà di percepire quel senso di appagamento, soddisfazione e benessere (fittizio). In condizioni di stress, il nostro corpo (sistema nervoso) ci spinge a ricercare proprio tale condizione di appagamento e soddisfazione, per mantenere alto quel senso di benessere.
Quando siamo stressati, infatti, il nostro corpo rilascia ormoni come il cortisolo e l'adrenalina. Questi ormoni hanno effetti diffusi sul cervello, inclusa la modulazione del sistema dopaminergico. In condizioni di stress, alcune ricerche suggeriscono che il cervello può diventare più sensibile agli effetti della dopamina nel circuito di ricompensa. Questo significa che stimoli che normalmente genererebbero una certa quantità di piacere potrebbero ora produrre una risposta dopaminergica più intensa.
In particolare, lo stress ha un effetto inibitorio sulla funzione della corteccia prefrontale. Quest'ultima può interferire con il funzionamento ottimale della PFC (corteccia prefrontale) in diversi modi. Va ricordato che la corteccia prefrontale (PFC) è la parte più evoluta del nostro cervello ed è responsabile delle funzioni esecutive come la decisione, la pianificazione, la gestione degli impulsi e la regolazione emotiva. Inoltre, gestisce appunto la modulazione del circuito dopaminergico.
Tutto questo vuol dire che: più sono stressato, minori saranno le mie capacità di gestione e decisione, mentre maggiore sarà il flusso di dopamina, in quanto ormai la PFC è "corrotta" dagli ormoni dello stress. Conseguenze? Si va alla ricerca continua di elementi che tengono alto questo "flusso", per sentirmi appagato e "ricompensato". Più mangio alimenti con alti zuccheri e grassi, maggiore sarà il livello di soddisfazione. Maggiore sarà il livello di soddisfazione, maggiore sarà il livello di consumo di prodotti "blissing point food".
Insomma, diventa un cane che si morde la coda. Al contrario, in condizioni normali, questo meccanismo funziona in maniera equilibrata. Di fatto, quando facciamo qualcosa di gradevole (mangiare, socializzare, raggiungere obiettivi ecc.) l'VTA (area tegmentale Ventrale, considerata il centro di comando del circuito di ricompensa) rilascia dopamina nel NAc (nucleo accumbens, il recettore dopaminergico cruciale per sentire le sensazioni di soddisfazione), rilasciando una sensazione piacevole che ci porta a ripetere quell'azione o comportamento. La PFC interviene per valutare le conseguenze a lungo termine e modulare la nostra risposta immediata alla ricompensa.
Tutto questo per dire che le cose principali da sapere sono queste:
- Lo stress è un innesco. Tra le varie risposte fisiologiche e neurochimiche, troviamo l'aumento del rilascio di dopamina, insieme a ormoni dello stress.
- Indebolimento del "freno" PFC. Lo stress agisce come effetto inibitorio sulla corteccia prefrontale, che a sua volta riduce la sua capacità di agire come freno sul circuito di ricompensa. La PFC, in condizioni normali, ci aiuterebbe a valutare se una gratificazione immediata sia o meno una scelta costruttiva a lungo termine (mangiare sempre zuccheri, la valuterebbe come una scelta NON sana).
- Ricerca impulsiva e compulsiva di cibo. Con "il freno" fuori dai giochi, la dopamina scorre come un fiume in piena. Si ha così come risultato una ricerca continua e smodata di stimoli che possono appagare e soddisfare, e quale altra cosa facile da reperire e a "basso costo" (rispetto a droghe o altre sostanze) come i blissing point food?
- Attenzione sulla ricompensa immediata. Si tende così a privilegiare sensazioni di piacere e di appagamento immediate e intense, rispetto a forme più fisiologiche. Ed è questo uno dei modi in cui si casca nella trappola dei blissing point food, che promettono un rapido sollievo dallo stress attraverso il rilascio massiccio di dopamina.
Finché seguiremo una logica sociale collettiva dove tutti, in maniera ugualitaria, seguiamo "regole" sociali che a loro volta sono schiave di logiche capitalistiche e consumistiche, non ci sarà mai nessun cambiamento rivolto al benessere. Di fatto, il concetto di blissing point food è intrecciato in maniera indissolubile con il concetto capitalistico di vendita: conta solo vendere, non la salute o il benessere degli utenti. L'intento stesso della produzione è quello di omologare il gusto, rendere e vendere come buoni prodotti costruiti artificialmente, ideati per toccare punti che ci rendono più simili a tossicodipendenti che a persone libere di scegliere. Tutto questo viene pompato da una fase di commercializzazione ben studiata accuratamente, strutturata in modo tale da vendere prima di tutto il bisogno fittizio di quel prodotto. Innescano una serie di idee che ti portano a pensare di volere quel determinato prodotto, di averne necessariamente bisogno, quando in realtà molto probabilmente non è nemmeno così.
Velocità, bisogni immediati da soddisfare. Non vogliamo aspettare, nemmeno se si tratta di piacere. I cibi appartenenti alla categoria del blissing point food rispondono perfettamente a questo bisogno immediato. In questo modo, si è orientati verso prodotti di bassa qualità che inducono indirettamente una svalutazione del cibo sano e nutriente.
Confusi e ammaliati da cibi gustosissimi e dal senso di piacere esagerato, tendiamo a scartare invece alimenti sani, nutrienti ed equilibrati per la nostra forma fisica e salute.
Il tutto viene alimentato da un senso di comfort e appagamento emotivo che deriva dal cibo e in particolare da questi prodotti. Questo però ci dice un'altra cosa: traiamo piacere dal cibo non per il piacere del cibo stesso, ma per via della nostra profonda insoddisfazione, rabbia, angoscia, tristezza e stress, data dalla vita che conduciamo e che probabilmente non ci appaga.
Mangiamo oltre il limite, scegliamo prodotti come questi perché NON siamo soddisfatti.

Mangiare
Esiste solo un modo per rendersi liberi, ed è diventando consapevoli. Consapevoli del mondo che si ha intorno e della società che abbiamo costruito intorno a noi. Raggiunta la consapevolezza, diventa importante l'azione. Agire e successivamente cambiare. Rivolgerci a scelte più sane nella selezione degli alimenti. Cambiare le fonti di origine, di produzione e di distribuzione dei prodotti.
Ritornare a scegliere qualcosa che sia locale e di origine certa, piuttosto che rivolgersi a grandi catene di distribuzione e multinazionali del settore alimentare.
Introdurre l'auto-produzione dei cibi, come pane fatto in casa, pasta e coltivando cibi come frutta e verdura.
Ma per fare tutto ciò serve energia e tempo, tocca a te scegliere.
